Non resta alcuna traccia di tappeto persiano riconducibile ad epoca
precedente al XVI secolo.
Per i naturali confronti tra popolazioni confinanti tuttavia; e per
effetto del fenomeno nomade foriero di scambi, già prima
di tale epoca si praticava con probabilità anche in Persia l'arte
dell'annodatura. Infatti esistono, del periodo precedente al XVI secolo,
miniature che lo attestano, e che mostrano manufatti di chiara derivazione
dal tappeto medievale anatolico. Esse risalgono agli inizi del XV secolo
e rappresentano figure, per lo più regali od eroiche, collocate
su tappeti con decorazioni geometriche e caratteri cufici.
In tre miniature, contenute nel manoscritto detto "Libro dei re",
dell'arabo Firausì (XIV sec), sono descritti tre tappeti, due dei
quali evidenziano nel campo centrale un disegno con ovali intrecciati "come
non può trovarsi su nessuno dei successivi tappeti persiani". Nel
periodo precedente simili disegni risulterebbero eseguiti nel Caucaso.
Sul terzo tappeto si ravvisano figure stilizzate di animali in doppio ottagono
come ne conosciamo anche nei tappeti anatolici del XIV secolo.
Quegli artisti hanno riprodotto esemplari di cui erano a conoscenza.
Evidentemente in quel periodo era quello il tipo di tappeto che anche in
Persia si produceva. Se avessero avuto sotto gli occhi un diverso modello
con tutta probabilità lo avrebbero riprodotto. Non mancheranno più
tardi miniature e dipinti con descrizioni di tappeti non più geometrici
ma con medaglioni, arabeschi e decorazioni floreali.
L'avvento safawide
Non è pensabile, dicevamo, che esplodesse improvvisamente in
Persia l'arte del tappeto per volontà esclusiva di una dinastia,
se già non vi fosse stata una produzione locale, anche se a carattere
demotico-artigianale; una produzione, come abbiamo visto, dalle caratteristiche
iniziali molto vicine a quelle anatoliche e caucasiche.
Già il "rosso" Ismail (come apprendiamo dall'ultimo calendario
del "Mercato in Persia" del 2 luglio 1520) riorganizzò la produzione
del tappeto. Poi tutta la dinastia (specialmente Tahmasp ed Abbas il grande),
si adoperò in tal senso per l'illuminata direzione dei governanti
e principalmente per effetto della nuova spinta politico-religiosa (lo
sciismo), di cui essi si resero portatori.
II tappeto diventa una delle espressioni più tipiche dell' arte
persiana; la corrente sciita - che direttamente si collega ai precetti
coranici più che alla tradizione
religiosa - dà libero sfogo alla fantasia; cosicchè il tappeto
si arricchisce di un'infinità di nuovi motivi. Tutta la decorazione
si arricchisce di foglie e di steli arrotondati. Nasce il medaglione centrale,
poi la caccia, i vasi, gli arabeschi, le decorazioni floreali, i giardini
e gli animali, nonchè le Figure in varie pose, perchè la
legge coranica non l'impediva: aveva soltanto prescritto di evitare le
impurità degli idoli. Era stata Yhedith, cioè la tradizione,
fedelmente rispettata dai Turchi sunniti, lo ripetiamo, a decretare che
nessuna rappresentazione di esseri animati fosse consentita, affinchè
l'artista non si ponesse in competizione con l'unico, assoluto creatore
Allah. E' dunque figlia della tradizione sunnita l'arte del tappeto fino
a tutto il XV secolo.
L'apertura dei Safawidi (detti così dai capostipite Safi-ed-Din)
fu un atteggiamento politico prima che una propensione artistica
dei regnanti (lo stesso scià Abbas, va ricordato, amava dedicarsi
personalmente all'annodatura dei tappeti).
Per ottenere il consenso popolare, la sensibilità politica consigliava,
infatti, di lasciare spazi più ampi di libertà allo spirito
creatore di un popolo di così lunga e collaudata civiltà.
Questo contrasto costrinse ad aspre lotte specialmente Ismail e Tahmasp
che dovettero difendere con le armi l'ampio territorio iranico con alterne
vicende che li indussero, di volta in volta, a spostare la capitale da
Tabriz a Kazvin e ad altri centri, finchè l'impero si consolidò
sotto il governo dello scià Abbas I, che rese capitale Isfahan.
L'evento nuovo fu che l'avvento safawide determinò un nuovo
modo di fare il tappeto. Non c'è alcun confronto col passato. Si
incrementano i centri di produzione e le fabbriche; se ne creano nuove
che lavorano per la Corte o presso la Corte (sono i "Karkhanehs", i laboratori
reali) per dar vita ai famoso tappeto persiano aulico, che raggiungerà
tutti i paesi del mondo grazie anche al rifiorire dell'industria e del
commercio. II materiale è del migliore: alla lana e alla seta si
aggiungono talvolta fili d'oro e d'argento, si migliorano e si ingrandiscono
i telai. Ma quel che più conta è che artisti della miniatura,
della pittura e della rilegatura vengono impegnati nella preparazione dei
cartoni e intere maestranze qualificate vengono spostate dall'una all'altra
zona della Persia. Tabriz, Kashan, Kirman, Herat diventano i punti cardinali
e ad essi si aggiungono Shiraz, Isfahan, Kazvin, loshagan, Yazd ed altri
ancora.
Le geometrie e i tratti si fondono con elementi del mondo naturale
in sintesi armonica di ritmi e toni.
Si impone una nuova realtà più aperta, più disponibile.
La figura non occupa un posto predominante, ma si armonizza nella composizione
d'insieme. E questa è caratteristica costante dell'arte islamica:
un'arte che trasfigura la realtà disciplinando i suoi elementi umani,
animali, vegetali, geometrici, in un gioco rigoroso di ritmi, di ripetizioni,
di simmetrie che nulla lascia all'improvvisazione, un'arte intrisa di misticismo
dove il sentimento della vanità del mondo e della creazione peritura
portano alla negazione della personalità e alla tendenza verso l'astrazione.
Luoghi di attribuzione del tappeto persiano
antico
E' più prudente indicare una più vasta zona di riferimento,
almeno quando questo è possibile.
II periodo safawide, come in parte abbiamo già visto e come ancora vedremo
in seguito, eserciterà influenze su tutte le altre produzioni coeve
e successive dall'Anatolia all' India e ad alcune zone dell'Europa occidentale.
E' un rinnovamento nell'arte del tappeto senza precedenti, che si affievolirà,
partendo dal XVI secolo, con l'invasione dei sunniti afghani dell'anno
1722.
Anche quando lo scià Nadir riuscirà a ricomporre, in pieno
XVIII secolo, quello che era stato l'impero safawide, dimostrerà
di non possedere gusto e cultura, prestigio e iniziativa tali da riportare
le arti persiane ai livelli precedentemente raggiunti. Poi entreranno sul
mercato società commerciali europee con l'intendimento di sfruttare
la produzione locale.
E così questa verrà inquinata dall'esigenza di soddisfare
le commissioni dei diversi imprenditori. Sarà praticamente la fine
del tappeto persiano come arte, anche se non sono mancati negli ultimi
due secoli esemplari notevoli.
Tappeti a medaglione e con scene di caccia
ed animali
II tappeto a medaglione è quello prodotto con maggior frequenza
in Persia, forse ancor prima che la produzione diventi aulica. Presenta,
al centro del campo, un grosso medaglione a forma generalmente stellare
dal quale partono "pendoni" a forma più o meno rettangolare, ma
talvolta anche romboidale allargata. E' il motivo che, nell'insieme,
occupa praticamente tutto il campo.
Lo si ritrova agli angoli in maniera da concluderne l'architettura
contrariamente a quanto abbiamo notato in somiglianti tappeti turchi nei
quali, invece, si ha la sensazione che il disegno possa proseguire all'infinito.
La delimitazione nasce come esigenza di trasposizione dall'arte della decorazione
del libro e della miniatura che si esprimevano in confini ben definiti.
E' una architettura che divide il
campo in quattro parti uguali con diagonali che, partendo dagli angoli,
lo attraversano.
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